Paladini della lingua o “rompiscatole della sintassi”?

Paladini della lingua, poliziotti del lessico, terroristi dell’apostrofo o, per dirla con David Foster Wallace, “rompicoglioni della sintassi”. Sono i “grammar nazi” e, sia chiaro, lo scrittore americano si considerava a pieno titolo uno di loro coniando per questa particolarissima specie di tutori della grammatica l’acronimo “SNOOT”, ovvero “Syntax Nudnik of Our Time” (nudnik vuol dire rompicoglioni in yiddish). “Da un lato ci siamo noi, i nerd della sintassi – scriveva nel saggio Autorità e uso della lingua – i Pochi, i Fieri, i Più o meno sempre disgustati da tutti gli altri”, dall’altro per l’appunto “tutti gli altri, che ci vedono come l’esemplificazione stessa della superbia e della maniacalità”.

Psicopatologie a parte, la difesa dell’ortodossia grammaticale non è certo una novità. In Germania, per esempio, negli anni Novanta il governo propose di semplificare l’ortografia eliminando da alcuni vocaboli la Eszett, quella strana lettera a forma di B (“ß”). Apriti cielo, un movimento d’opinione crescente guidato dal futuro premio Nobel Günter Grass costrinse il ministro a una sostanziale retromarcia. Lo stesso è accaduto in Francia l’anno scorso, quando le autorità hanno proposto di eliminare in alcuni casi l’accento circonflesso, per esempio non più maîtresse ma semplicemente maitres. Niente da fare: levata di scudi dei puristi giunti in questo caso, con involontaria ironia, a lanciare persino l’hashtag #JeSuisCirconflex.

Roba da fanatici? Forse sì, anche se secondo l’Economist si tratta invece di un fenomeno molto serio. Il magazine inglese fa notare infatti che “le persone hanno un attaccamento irrazionale all’ortografia perché essa è associata a un duro lavoro e a un successo dell’infanzia, l’imparare a scrivere”. “L’ortografia serve cioè a dimostrare di possedere un’istruzione”.

È roba da addetti ai lavori? Non più, visto che tra whatspapp, facebook, twitter, snapchat, sms e #tuttoilrestoappresso passiamo la giornata a scrivere, scrivere, scrivere. Ed è per questo che nessuno di noi, in cuor suo, può chiamarsi fuori. Che ci piaccia o no, i “nazi grammar” sono tra noi, perfettamente mimetizzati nei gruppi wathsapp o tra quelli che (ritenevamo) amici su facebook pronti a far notare quel maledettissimo po’ scritto con l’accento e non con l’apostrofo. E, siatene certi, al loro cospetto non servirà a nulla ripetere “La lingua è viva, cambia, si evolve”.

Anzi, il nazi grammar è dentro di noi e il fatto che non riuscite a sorvolare sull’errore di questo post ne è la prova.

CF

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